venerdì 8 agosto 2014

Profilo critico-antologico di Luciano Domenighini per l'artista RAFFAELLA AMORUSO

Profilo critico-antologico di Luciano Domenighini
Per “La Lampada di Aladino” curatore Emanuele Marcuccio
Raffaella Amoruso affida il suo messaggio poetico a brevi liriche intrise di limpida, confidente femminilità, dove le strofe, in genere da due a cinque, periodali e spezzate in versi liberi, sono come afflati d’anima, ampi e profondi sospiri. La sua, a ben guardare, se pur temperata da un velo di pudore e filtrata dai modi letterari, è poesia erotica e, a tale riguardo, certe malcelate similitudini (v. “Eppur tu l’ami”) non lasciano dubbi.
La Amoruso testimonia e canta la gioia e la grazia di una
prorompente sensualità, vitalistica e totalizzante, accolta come un dono prezioso, concepita come una benedizione. Questa carica passionale talora, e con risultati encomiabili, si stempera negli incanti e negli struggimenti della memoria.
Un erotismo esplicito, franco e sanguigno, tuttavia castigato e
ingentilito da improvvise pennellate liriche, delicate visioni dal
colore vivido e luminoso, dal tono naif, forse anche un poco
convenzionale, talora quasi infantile, in bilico fra l’abbandono e il sogno, l’estasi e l’innocenza. Maestra nel gestire versi brevi, dal ternario al senario, non di rado monoverbali, talora sa dosare e centellinare abilmente una sintassi congegnata sulle cadenze e sui ritmi pervenendo a ragguardevoli traguardi espressivi.

NOTE D’INCENSO
Guardami
Afferra ciò che resta di me.
Lussurioso candore sincero
Felina striscerò
Assaggiando il sangue tuo
Che caldo
Il corpo mio affamato
Sazierà.
Ti legherò con corde di nuvole
Sussurrerò agli occhi
Affinché le labbra si apriranno
Perché i pensieri divengano realtà.
Aguzzo poi
Il desiderio dominerà
Sulla notte rigida
Cosparsa di fragrante incenso.

Appassionata, ma senza magniloquenza, affidata a un epos diretto e franco, a un’enfasi serena.
Aperta sul distico iniziale da due imperativi, come usa in questo genere poetico, si svolge poi su tre strofe al tempo futuro, la prima squisitamente erotica nel realismo delle sue metafore voluttuose, la seconda di delicata visionarietà e la terza, astratta e notturna, mitica e quasi mistica nell’evocazione dell’incenso fragrante sull’ultimo, sorprendente verso. Felice e inedita l’aggettivazione scelta per definire il desiderio (“aguzzo”). Un triplice trapasso di tono a dettare il percorso amoroso lungo la sequenza carnalità-sogno-mito, il decasillabo del 3° verso (“Lussurioso candore sincero”) riassume bene il clima, il senso e la disposizione interiore di questa lirica.

NELL’ESTASI DELLA NOTTE
Memoria ho
D’occhi invaghiti
Sorriso timido di candor lucente
Pensiero vivo
Di sognanti mani
Nelle cupe ore.
Ricordo amaro
D’un sogno ardito
Sospeso ancora
Tra cielo e terra
Inerpicato
Su taglienti colli.
Visione forse
Smaniata appena
Delirio lucido
D’innamorata notte.

Due sestine e una quartina tutte cadenzate su rapidi, staccati e trepidanti quinari (ben nove su sedici versi complessivi ) a suscitare le suggestioni e gli incanti di un tenero ricordo.
Le tre parole che aprono ciascuna strofa (“Memoria”, “Ricordo”,”Visione”) evocano e configurano il contesto
nostalgico del canto. Apprezzabili altresì la concisione e la spiccata nettezza dei sintagmi descrittivi (“sognanti mani”, “taglienti colli”, “Visione forse/ Smaniata appena”) così come del bellissimo alessandrino del 3° verso (“Sorriso timido di candor lucente”).

ANIMA DI SABBIA
Chi sei...
Chi sono.
Nulla di me conosci
Solo nudi attimi
Come sorsi fuggono.
Clessidra
Tra le dita di bianca sabbia.
Vorrei
Vorrei
Vorrei fermare
Sbiadito
Il sorriso dei ricordi
E sfiorare l’aurora
Dove le tue mani
Come freschi petali
Circondano il mio viso.
Anima di sabbia
Sfugge e avvolge
Nuove forme
Nuovi amori
Sempre vita da vivere.
Battigia colma di sole
Attende
D’essere amata.
Quando è l’anima a fare l’amore
Nulla è più maestoso.

La lapidaria pregnanza dei due ternari di esordio (“Chi sei.../ Chi sono.) inaugura questa lirica di ventisei versi, quasi tutti brevissimi e asciutti, ma straordinariamente intensi nella loro scolpitezza, forse la cosa migliore della poetessa piemontese.
I primi tre versi del secondo periodo strofico constano di una triplice epifora di condizionale (“Vorrei/ vorrei/ vorrei fermare”) e sono seguiti da un aggettivo costituente il 4° verso monoverbale (“sbiadito”) in anastrofe sul 5°, dolcissimo, (“il sorriso dei ricordi”), in un ordito straordinariamente espressivo che realizza ed esalta l’effetto ritardante, indugiante della strofa e ne amplifica il pathos. Notevole anche, per originalità della metafora, l’ottonario al 22° verso (“Battigia colma di sole”). Il distico di congedo (di undici e sei sillabe), sentenzioso e perentorio (“Quando è l’anima a fare l’amore/ nulla è più maestoso”) opera un trapasso di tono grandioso, glorificante, a suggello di questa bellissima lirica.

AMULETI D’AMORE
Già edita in Raffaella Amoruso, Amuleti, The Writer Edizioni, 2013.
Nell’alito leggero del vento
Pensieri d’amore
Sulla crosta di Madre Terra
Semi
A colorar le nubi.
Liquida opera nitida
Lucida chiarezza
D’un tratto di mare sciolto.
Benevola armonia
D’anime invaghite
Inventano amuleti
Sulla candida pelle nuda.

Pur gravata da un’enfasi forse eccessiva è ammirevole per la semplicità, il candore e la limpidezza delle immagini scelte a cantare il pensiero innamorato. Nella strofa conclusiva tre settenari, miti e sereni, preludono a un luminoso novenario intriso di innocenza (“sulla candida pelle nuda”).

OLTRE IL TEMPO
Già edita in AA.VV., “Ascoltami... Ascoltati”. Vol. 1, The Writer, 2013.
Un guizzo
Al di là del tempo
Dove mani si cercano
Occhi ingenuamente scoprono
Giochi di luce mai visti.
Il nobile cuore respira
Tenace
Autentico
Come canto del vento tra i capelli
Come melodia del mare
Che incantato
S’avventa su scogli a picco
E trova pace.

In un’atmosfera naturalistica, in una dimensione onirica, ultratemporale, la poetessa cerca e identifica i valori immortali dell’amore nei gesti e nei modi di un gioco infinito, sempre uguale e sempre nuovo. Anche qui la Amoruso riserva un epos glorioso al cuore amante (“nobile cuore”) e lo adorna di due similitudini naturali e leggiadre (il vento e il mare).
L’endecasillabo al 9° verso poi (“Come canto del vento fra i capelli”) è splendido per l’armoniosa, fluente musicalità.